lunedì 18 novembre 2013

JOBS: Quando gli acidi ti danno lo sprint per creare mmmh la Apple


Questa recensione era stata pensate per essere pubblicata sul sito dove sono stato "assunto" per scrivere in maniera seria, non per cazzeggiare come faccio qui di solito (sempre meno spesso purtroppo) quindi mi spiace se non ci ho infilato dentro la solita dose di humor irresistibile. Purtroppo però sono ancora un novellino, giochi di potere, era una recensione troppo ambita...GOMBLOTTO. 

Io l'ho scritta lo stesso e quindi ve la beccate, tiè!

P.S. Chi vi scrive è un accanito detrattore della Apple a cui, tuttavia, il film è piaciuto abbastanza...Lo Steve Jobs di Ashton Kutcher è un'ispirazione, non solo per il cinema.


Jobs di Michael Joshua Stern

Steven Paul Jobs è un universitario del Reed College di Boston, scapestrato e visionario il buon Steve si rende conto, dopo solo un semestre di università, che quel mondo gli va stretto, che non c’è creatività in quell’ambiente. Motivato dalla sua sconfinata ambizione e da sostanze non proprio lecite, Steve lascia l’università per inseguire un sogno: cambiare il modo di vivere delle persone.
Inizia così Jobs, l’atteso biopic sulla vista del creatore della Apple, oggi l’azienda  informatica numero 1 al mondo. Raccontare i 20 anni più importanti della carriera di Jobs, dagli inizi nel garage della sua famiglia, dove, di fatto, fondò la Apple Computer insieme all’amico programmatore Steve Wozniack (vero e proprio genio dell’informatica), fino alla consacrazione della sua azienda come multinazionale, passando per l’estromissione dall’impero che lui stesso aveva creato ed arrivando al rilancio che salvò l’azienda dal fallimento.
Tanta, troppa roba per essere compressa nelle sole due ore di proiezione. Un film che scorre via veloce dopo un inizio convincente ma che, comprensibilmente, è costretto a piantare il piede sull’acceleratore nell’intento di raccontare i passaggi fondamentali della vita di Steve. I cultori della “mela” avranno sicuramente apprezzato il riassunto e si troveranno pienamente soddisfatti della visione. Tutti gli altri faticheranno a cogliere tutti i molteplici avvenimenti che hanno influenzato la titanica impresa di Jobs per portare la Apple ai vertici dell’economia mondiale. La “colpa”, se così possiamo definirla è della sceneggiatura dell’esordiente Matt Whitteley, cui spettava il ruolo più difficile. Lo script fa il suo dovere quando deve raccontare fatti noti ai più: le origini del progetto Apple 1, la svolta dell’Apple 2, la fenomenale entrata in borsa della società, l’estromissione di Jobs dalla sua stessa azienda ed il trionfale ritorno per salvarla dalla bancarotta. In mezzo però ci sono particolari importanti che non vengono approfonditi, uno su tutti lo Steve uomo fuori dall’azienda, il difficile rapporto con la sua famiglia, che vediamo in una sequenza brevissima soltanto alla fine del film, la fondazione della Next, l’azienda di software che fondò dopo essere stato dimesso da amministratore delegato della Apple ed il fondamentale sodalizio con Bill Gates, prima nemico giurato (dopo il “furto” dall’architettura del sistema operativo pensato per il Macintosh, altro avvenimento estremamente più complesso di come è stato invece raccontato nel film) e poi alleato fondamentale per il rilancio della società. Tutti passaggi cruciali che sono stati estromessi dalla pellicola per fare spazio ad un one man show di un impressionante Ashton Kutcher, autore di una prova che rimarrà nella storia del cinema (nonostante una camminata fin troppo caricaturale e "quello sguardo" a volte troppo ricorrente).
Tutto questo dimostra che Jobs era e rimane un film pensato per la folta schiera di cultori della Apple, di tutti coloro che conoscevano per filo e per segno gli avvenimenti del film e che non aspettavano altro che un appassionato tributo al loro idolo di sempre, all’uomo che, di fatto, ha cambiato il modo di vivere delle persone.  E’ proprio qui che il film rimane interlocutorio e forse “incompiuto”: per tutta la sua durata si riesce a comprendere la genialità del protagonista, il suo carisma e l’importanza della sua presenza e delle sue idee per chi alla Apple faceva il lavoro di tutti i giorni. 
Non sono mai chiare invece le reali innovazioni che Jobs ha portato nei progetti più importanti della sua azienda. Tutto il film ci tiene lontano dagli schermi di computer per farci invece entrare in simbiosi con  il protagonista. Obiettivo centrato in pieno. Il magnetismo ed il talento di Ashton Kutcher riescono, per la maggior parte del tempo, a distogliere l’attenzione dalle evidenti lacune della pellicola, aiutati sicuramente dall’ottima regia di Joshua Michael Stern (che ogni tanto si lascia andare all’abuso di piani sequenza) e da un montaggio serrato in grado di tenere alto il rimo del film. Menzione d’onore per il casting: nonostante l’utilizzo di attori non proprio famosissimi, la loro somiglianza ed il loro impegno contribuiscono a rendere credibile la pellicola. Pellicola che ha il pregio di terminare al momento giusto, nel modo giusto, senza voler per forza giocare su stucchevoli sentimentalismi ed evitando di arrivare ai giorni della malattia di Steve Jobs. Il film ci lascia con uno Steve di nuovo padrone del suo sogno, era giusto così.

Jobs rimane comunque un prodotto indirizzato ad un certo target, ad un pubblico di riferimento ben preciso. Un film sicuramente da vedere, anche solo per godersi la performance di un attore (Kutcher) che raggiunge forse l’apice della sua carriera e soprattutto per conoscere, a grandi linee, la storia di uomo che dal nulla è riuscito a dar vita ad un sogno.

Flop al botteghino in America, molto strano. In Italia andrà sicuramente meglio...Anzi no, andranno tutti a vedere Sole a Catinelle (Zalone Dio).

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