Questa recensione era stata pensate per essere pubblicata sul sito dove sono stato "assunto" per scrivere in maniera seria, non per cazzeggiare come faccio qui di solito (sempre meno spesso purtroppo) quindi mi spiace se non ci ho infilato dentro la solita dose di humor irresistibile. Purtroppo però sono ancora un novellino, giochi di potere, era una recensione troppo ambita...GOMBLOTTO.
Io l'ho scritta lo stesso e quindi ve la beccate, tiè!
P.S. Chi vi scrive è un accanito detrattore della Apple a cui, tuttavia, il film è piaciuto abbastanza...Lo Steve Jobs di Ashton Kutcher è un'ispirazione, non solo per il cinema.
P.S. Chi vi scrive è un accanito detrattore della Apple a cui, tuttavia, il film è piaciuto abbastanza...Lo Steve Jobs di Ashton Kutcher è un'ispirazione, non solo per il cinema.
Jobs di Michael Joshua Stern
Steven Paul Jobs è un universitario del Reed College di
Boston, scapestrato e visionario il buon Steve si rende conto, dopo solo un
semestre di università, che quel mondo gli va stretto, che non c’è creatività
in quell’ambiente. Motivato dalla sua sconfinata ambizione e da sostanze non
proprio lecite, Steve lascia l’università per inseguire un sogno: cambiare il
modo di vivere delle persone.
Inizia così Jobs, l’atteso biopic sulla vista del creatore
della Apple, oggi l’azienda informatica
numero 1 al mondo. Raccontare i 20 anni più importanti della carriera di Jobs,
dagli inizi nel garage della sua famiglia, dove, di fatto, fondò la Apple
Computer insieme all’amico programmatore Steve Wozniack (vero e proprio genio
dell’informatica), fino alla consacrazione della sua azienda come
multinazionale, passando per l’estromissione dall’impero che lui stesso aveva
creato ed arrivando al rilancio che salvò l’azienda dal fallimento.
Tanta, troppa roba per essere compressa nelle sole due ore
di proiezione. Un film che scorre via veloce dopo un inizio convincente ma che,
comprensibilmente, è costretto a piantare il piede sull’acceleratore nell’intento
di raccontare i passaggi fondamentali della vita di Steve. I cultori della “mela”
avranno sicuramente apprezzato il riassunto e si troveranno pienamente
soddisfatti della visione. Tutti gli altri faticheranno a cogliere tutti i
molteplici avvenimenti che hanno influenzato la titanica impresa di Jobs per
portare la Apple ai vertici dell’economia mondiale. La “colpa”, se così
possiamo definirla è della sceneggiatura dell’esordiente Matt Whitteley, cui
spettava il ruolo più difficile. Lo script fa il suo dovere quando deve
raccontare fatti noti ai più: le origini del progetto Apple 1, la svolta dell’Apple
2, la fenomenale entrata in borsa della società, l’estromissione di Jobs dalla
sua stessa azienda ed il trionfale ritorno per salvarla dalla bancarotta. In
mezzo però ci sono particolari importanti che non vengono approfonditi, uno su
tutti lo Steve uomo fuori dall’azienda, il difficile rapporto con la sua
famiglia, che vediamo in una sequenza brevissima soltanto alla fine del film,
la fondazione della Next, l’azienda di software che fondò dopo essere stato
dimesso da amministratore delegato della Apple ed il fondamentale sodalizio con
Bill Gates, prima nemico giurato (dopo il “furto” dall’architettura del sistema
operativo pensato per il Macintosh, altro avvenimento estremamente più
complesso di come è stato invece raccontato nel film) e poi alleato
fondamentale per il rilancio della società. Tutti passaggi cruciali che sono
stati estromessi dalla pellicola per fare spazio ad un one man show di un impressionante
Ashton Kutcher, autore di una prova che rimarrà nella storia del cinema (nonostante una camminata fin troppo caricaturale e "quello sguardo" a volte troppo ricorrente).
Tutto questo dimostra che Jobs era e rimane un film pensato
per la folta schiera di cultori della Apple, di tutti coloro che conoscevano
per filo e per segno gli avvenimenti del film e che non aspettavano altro che
un appassionato tributo al loro idolo di sempre, all’uomo che, di fatto, ha
cambiato il modo di vivere delle persone. E’ proprio qui che il film rimane
interlocutorio e forse “incompiuto”: per tutta la sua durata si riesce a
comprendere la genialità del protagonista, il suo carisma e l’importanza della
sua presenza e delle sue idee per chi alla Apple faceva il lavoro di tutti i
giorni.
Non sono mai chiare invece le reali innovazioni che Jobs ha portato nei
progetti più importanti della sua azienda. Tutto il film ci tiene lontano dagli
schermi di computer per farci invece entrare in simbiosi con il protagonista. Obiettivo centrato in pieno.
Il magnetismo ed il talento di Ashton Kutcher riescono, per la maggior parte
del tempo, a distogliere l’attenzione dalle evidenti lacune della pellicola,
aiutati sicuramente dall’ottima regia di Joshua Michael Stern (che ogni tanto
si lascia andare all’abuso di piani sequenza) e da un montaggio serrato in
grado di tenere alto il rimo del film. Menzione d’onore per il casting:
nonostante l’utilizzo di attori non proprio famosissimi, la loro somiglianza ed
il loro impegno contribuiscono a rendere credibile la pellicola. Pellicola che ha il pregio di terminare al momento giusto, nel modo giusto, senza voler per forza giocare su stucchevoli sentimentalismi ed evitando di arrivare ai giorni della malattia di Steve Jobs. Il film ci lascia con uno Steve di nuovo padrone del suo sogno, era giusto così.
Jobs rimane comunque un prodotto indirizzato ad un certo target, ad
un pubblico di riferimento ben preciso. Un film sicuramente da vedere, anche
solo per godersi la performance di un attore (Kutcher) che raggiunge forse l’apice
della sua carriera e soprattutto per conoscere, a grandi linee, la storia di
uomo che dal nulla è riuscito a dar vita ad un sogno.
Flop al botteghino in America, molto strano. In Italia andrà sicuramente meglio...Anzi no, andranno tutti a vedere Sole a Catinelle (Zalone Dio).
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