Quando l'azienda per cui lavoro mi ha chiesto se volevo andare a vedere il nuovo film di Nicolas Winding Refn, in anteprima, lo scorso 21 Maggio, ho sgranato gli occhi e ho ovviamente dato la mia disponibilità, nonostante il film fosse in lingua originale con i sottotitoli (cosa che non amo particolarmente)...Ma tanto poco dopo ho scoperto che non sarebbe stato un problema.
Dopo Drive, di Nicolas Winding Refn mi ero fatto una grande opinione. Uno di quei registi che ti mette Ryan Gosling sullo schermo e gli fa dire quattro parole in croce, gli fa recitare delle scene di violenza al limite del sadismo e non gli fa fare sesso con nessuna donna. Un regista coraggioso, che tira fuori un film "scomodo" che però piace a tutti, anche a quei tizi con la puzza sotto al naso del festival di Cannes, che lo acclamano e gli danno pure il premio come miglior regista, e avrei anche voluto vedere...
Ma torniamo al suo nuovo film. Julian (Gosling) e suo fratello gestiscono una palestra di Muai-thai a Bangock, che ovviamente è una copertura per un traffico di droga. Quando il fratello di Julian stupra e uccide una sedicenne si trova a dover fare i conti con un inquietante personaggio: un poliziotto in pensione che regola i conti con il sangue. Julian è combattuto tra il lasciar correre (in fondo suo fratello ha avuto ciò che meritava) e le pulsioni di sua madre (una splendida e volgarissima Krstin Scott Thomas) che pretende vendetta per la morte del figlio.
Uno degli antagonisti più fighi di tutti i tempi. Un tizio che si tira fuori la spada dalla colonna vertebrale ogni volta che deve ammazzare qualcuno
Nelle circa due ore di proiezione assistiamo ad un film che nessuno si aspettava, così lontano da Drive e così meravigliosamente intimo. Solo Dio perdona è un film che Refn VOLEVA FARE, si vede, si percepisce ad ogni inquadratura. Il legame viscerale del regista con tutto quello che accade sullo schermo è quasi onirico. E poi c'è la regia. Il danese muove la macchina da presa lentamente, prendendosi il tempo di farci scorgere ogni dettaglio, prima di esplodere nel rappresentare l'inaudita crudezza che si insinua tra le crepe del film.
Pochissimi dialoghi, ritmo blando, quasi ipnotico. Alcune sequenze sembrano a metà tra il sogno e la realtà, tra l'assurdo e il paradossale. Poi la violenza, così poca ma così concentrata che lo spettatore è quasi bramoso di vederla. Poi c'è una Bangock così artificiosa da sembrare quasi un gigantesco negozio di luci al neon, con queste scenografie meravigliose ed una colonna sonora ancora una volta da applausi.
Il percorso del protagonista è ancora una volta perfetto, ogni sua azione, ogni sua parola (delle circa 5 che pronuncia in tutto il film) ha un significato ben preciso. E se alla fine si potrebbe pensare di aver assistito ad un film incompiuto, dopo pochi istanti ci si accorge che è solo una sensazione data da uno di quei finali che sono perfetti così, anche se non li capisci immediatamente.
Quello che fa grande un film è proprio questo: se una volta uscito dalla sala continui a riflettere su tutto quello che hai visto, ti fai delle domande e se quelli che ti stanno intorno ti dicono "Sembri un'altra persona" allora la pellicola ha fatto il suo corso completo dentro di te, ha lasciato il segno.
La scena di combattimento più intensa ed emotivamente sfiancante che abbia mai visto in un film.
Poco importa se a Cannes il film è stato fischiato come poche altre cose o se la maggior parte delle persone che l'hanno visto o lo vedranno rimarranno delusi da un mancato Drive 2.
Nicolas Winding Refn se ne fotte di quello che pensiamo tutti. Lui fa il cinema che gli piace fare e riesce ancora una volta a dare vita a un cult da ricordare. Lui è un grandissimo regista, anzi di più, è un artista.
E io sono stato fiero di avergli stretto la mano.
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